Perché ci affascinano tanto le storie? Romanzi, film, canzoni, post… gran parte delle attività che ci attraggono e a cui dedichiamo il nostro tempo e spesso anche soldi, sono legate a storie che qualcuno racconta.
Secondo “L’istinto di narrare” di Jonathan Gottschall, la narrazione è una caratteristica fondamentale dell’essere umano.
Per lo studioso del linguaggio e dell’evoluzione, raccontare storie è un comportamento istintivo che si è radicato nel nostro DNA perché ha avuto un vantaggio evolutivo.
Insomma, la narrazione non è solo un passatempo, ma una necessità biologica. Sai perché?
Le storie aiutano a trasmettere conoscenze vitali per l’esistenza.
Con i racconti, gli esseri umani hanno condiviso esperienze, lezioni di vita e strategie di sopravvivenza, facilitando l’apprendimento e l’adattamento.
Senza la scrittura, le storie erano il principale mezzo per tramandare informazioni. Le narrazioni orali hanno permesso di conservare e tramandare le conoscenze.
La narrazione favorisce l’empatia e rafforza i legami sociali. Ci permette di capire le emozioni e le esperienze degli altri, creando un senso di comunità e di coesione sociale.
Le storie condivise all’interno di un gruppo creano un’identità comune e un senso di appartenenza, essenziali per la cooperazione e la sopravvivenza collettiva.
Le storie offrono un modo per simulare situazioni reali e immaginarie.
Un processo che aiuta le persone a prepararsi per eventi futuri, sviluppare capacità di problem-solving e prendere decisioni migliori senza rischiare la vita reale, migliorando così le capacità di adattamento e innovazione.
La narrazione è uno strumento potente per diffondere valori, norme e ideologie.
Le storie plasmano le nostre credenze e comportamenti, influenzando la cultura e la società.
Ascoltare e creare storie stimola la mente, favorendo lo sviluppo delle abilità linguistiche, della memoria e del pensiero critico.
Questo ha offerto un vantaggio evolutivo nell’affrontare le sfide ambientali e sociali.
Chi racconta ha inoltre il vantaggio di apparire come il depositario del sapere, purché la storia, o il narratore, sia credibile.
Ciò fa sì che chi racconta si posiziona e si espone alle inevitabili critiche di chi la sa più lunga.
Quindi cosa racconto e dove lo racconto? Se la mia narrazione è banale e già sentita chi mi presta attenzione?
E se parlo di barche a chi cerca degli sci: o lo coinvolgo talmente tanto da fargli cambiare idea su cosa cerca o sto perdendo tempo, risorse e denaro.
E soprattutto, chi ha voglia di ascoltare un perenne spot di vendita? Se tutta la mia comunicazione è un: “compra questo!” quante volte sarò interessato ad ascoltarti se so che il tuo fine è solo vendermi qualcosa?
Viceversa, se ti coinvolgo dandoti ogni volta qualcosa di utile, allora ogni volta che apro la bocca sarai ben felice di ascoltarmi e parlerai di me in giro.
Perché ricorda: quello che dici di te non è così importante quanto quello che gli altri dicono di te.