Ha più di 80 anni. Per questo noi che lavoriamo nella nautica dovremmo averla bene in mente. La si attribuisce ad Antoine de Saint-Exupéry, ma la paternità è dubbia, il contenuto è invece sostanziale.
«Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata in loro questa sete si metteranno subito al lavoro per costruire la nave».
Facile no? E pensa, non dobbiamo neanche fargli compiere lo sforzo di costruirla, ma solo invogliarli a comprarla, la barca.
Parole da tenere sempre in testa, soprattutto noi della comunicazione e del marketing. Eppure la nostra comunicazione nautica è piena di tutt’altro. E di base i canoni sono tre: quanti nodi fa, quanto è personalizzabile, quanto è lussuosa.
Molto poco, pochissimo sull’andar per mare, sulla bellezza di avere davanti un infinito ventaglio di possibilità, sul piacere di arrivare in luoghi irraggiungibili a chi rimane a terra, sulla possibilità di passare del tempo in esclusiva con chi ami, sulle mille avventure che ogni navigazione può regalarti…
Niente sul fatto che quando vai in mare sei più felice stai meglio!
Le barche non sono auto, la barca non ti serve, la vuoi. Se prima di tutto non ti faccio venire voglia di fare qualcosa per cui tu hai bisogno della barca, ma cosa te ne frega di caricarti sul groppone un oggetto che ti costa e ti dà pensieri anche quando non lo usi?
Inoltre, finché il tipo di comunicazione che “ci” contraddistingue è: con la mia barca ti mostro quanto sono “ricco”, c’è anche uno spiacevole effetto collaterale.
Non ne faccio una questione “politica”, ma solo una fotografia. Soprattutto qui in Italia dove il mescolio delle mentalità cattolica e comunista (denaro = sterco del diavolo da una parte, sfruttamento della classe operaia dall’altra) ha generato il binomio: hai i soldi = sei un poco di buono. Spingere su questo tema ha un sacco di risvolti negativi.
Secondo te, perché nella campagna “Anche i ricchi piangano” con cui nel 2007 il Partito Rifondazione Comunista ribadiva le sue posizioni sulla Finanziaria: c’era uno yacht e non una partita di polo, uno chalet o una Rolls Royce?
Infine c’è un altro aspetto che il desiderio del mare ci porta a vantaggio: se lo trasmettiamo adesso, avremo degli “evangelisti” anche per educare le generazioni future. A vantaggio della longevità delle aziende che già oggi possono vedere crescere i clienti di domani.
Io vado in barca perché mio padre mi ci ha portato quando ero piccolo. E come me succede al 75% dei diportisti adulti, almeno secondo uno studio dalla National Marine Manufacturers Association (la Confindustria Nautica USA).
Rinunciare a parlare ai giovani di mare oggi significa doversi accontentare di un quarto dei clienti tra 20 anni.
Quindi la prossima volta che fai sentire la voce della tua azienda, pensa a quanto promuovi la nostalgia del mare prima ancora di provare a vendere la tua barca. E se vuoi una mano per riuscirci prenota una consulenza gratuita di un’ora mandando una mail a info@lliquida.com.